Con l’ordinanza n. 25747 del 26 settembre 2024, la Suprema Corte di Cassazione, II Sezione civile, si è pronunciata sul vizio redibitorio in ordine al cigolio del freno di un autovettura, affermando che la garanzia per vizi postula che nella cosa venduta ci siano imperfezioni che rendano il bene inidoneo all’uso cui è destinato.
Il caso
Con atto di citazione del 2017 gli attori convenivano in giudizio una società n.q. di venditore di autoveicolo, al fine di far accertare dei vizi sulla vettura acquistata (in particolare il cigolio del freno), con conseguente riconoscimento della responsabilità in capo alla medesima al fine di ottenere il risarcimento del danno o comunque una riduzione del prezzo di vendita.
Il Giudice di pace di Crotone accoglieva la domanda attorea di riduzione del prezzo dell’autovettura, pertanto, la società ricorreva in appello lamentando:
1) l’intervenuta decadenza dal diritto di garanzia per i vizi e la conseguente prescrizione;
2) l’erronea valutazione dei fatti, poiché dalle risultanze istruttorie acquisite emergeva che l’autovettura acquistata non fosse affetta da alcun vizio idoneo a diminuirne in modo apprezzabile il valore;
3) in subordine, l’erronea quantificazione della riduzione del prezzo, ove fosse stato ravvisato un difetto del bene acquistato.
Il Tribunale di Crotone, accoglieva il gravame, rilevando che:
– sarebbero ricorsi i vizi redibitori solo allorché nella cosa venduta fossero sussistite imperfezioni concernenti il processo di produzione, di fabbricazione e di formazione, tali da rendere la cosa inidonea all’uso cui doveva essere destinata o che ne avessero diminuito in modo apprezzabile il valore, incombendo sull’acquirente l’onere di offrire la prova dell’esistenza di siffatti vizi;
– il lamentato rumore inusuale in frenata non aveva determinato alcuna difformità del veicolo dai parametri costruttivi prescritti dalla casa automobilistica;
– l’impianto dei freni era perfettamente funzionante e il rumore lamentato poteva essere considerato normale per le condizioni in cui si manifestava, ossia in caso di estrema tensione per l’asse posteriore e il sistema frenante;
– quand’anche il rumore fosse stato qualificato come vizio, esso comunque non aveva diminuito in modo apprezzabile il valore economico dell’automobile;
– la società non aveva mai operato alcun riconoscimento espresso dei vizi.
Avverso la sentenza del Tribunale di Crotone ricorrevano gli originari attori.
L’Ordinanza n. 25747 del 26 settembre 2024
Con il primo motivo di ricorso, in particolare, i ricorrenti censuravano la pronuncia del Tribunale per avere valutato le risultanze probatorie acquisite nel giudizio di prime cure in maniera parziale.
Gli Ermellini, tuttavia, all’esito della disamina, rigettavano il ricorso confermando la statuizione del Tribunale di Crotone.
In particolare, invero, i Giudici del Palazzaccio, nel richiamare precedente giurisprudenza nel merito, hanno affermato che ai fini della configurabilità del vizio redibitorio, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1490, c.c., il difetto deve essere ponderato in funzione della sua capacità di rendere la cosa inidonea all’uso cui era destinata o di diminuirne in modo apprezzabile il valore.
Pertanto, ove il difetto non renda la cosa inadatta all’uso per il quale essa è stata acquistata ovvero non ne ridica il valore in modo considerevole, la c.d. actio quantis minoris (nonché la risoluzione) semplicemente non spetta.
Sulla scorta di dette motivazioni, il Supremo Consesso rigettava il ricorso, formulando il seguente principio di diritto
La massima
“la garanzia per i vizi postula che nella cosa venduta sussistano imperfezioni concernenti il processo di produzione, di fabbricazione e di formazione, che rendano la cosa inidonea all’uso al quale è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore, non ricorrendone, per converso, i presupposti allorché vi siano imperfezioni che non interessino la natura della cosa compravenduta”.
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