Con l’ordinanza n. 29097 del 12 novembre 2024, la Suprema Corte di Cassazione, I Sezione Civile, si è pronunciata in materia di ammissione al passivo della procedura fallimentare, ammettendo la permuta di un immobile presente con uno futuro, precisando che il diritto al trasferimento del bene non più edificabile si tramuta in credito.
Il caso
Una s.r.l. unipersonale chiedeva l’ammissione in prededuzione al passivo della procedura fallimentare di una data società, per una somma di denaro pari al valore delle unità immobiliari che la società in bonis (di seguito fallita) si era impegnata a edificare e trasferirle entro trentasei mesi, in forza del contratto di “permuta di bene presente con bene futuro” che la s.r.l. unipersonale aveva già integralmente adempiuto, trasferendo in proprietà alla soc. fallita un immobile dietro pagamento di un conguaglio corrisposto e quietanzato al rogito.
Nondimeno, il reciproco trasferimento immobiliare non era stato possibile per la dichiarazione di fallimento della società, sopravvenuta in pendenza del termine suddetto.
Il giudice delegato rigettava la richiesta di ammissione allo stato passivo ritenendo che “il titolo prodotto non prevede il pagamento della somma“.
Altresì, il Tribunale di Cagliari, adito per l’opposizione, rigettava la medesima osservando che, trattandosi di contratto di permuta e non di vendita, in assenza di specifiche pattuizioni sulla conversione dell’obbligo di realizzare i beni futuri in obbligo di pagarne il controvalore, quella conversione non era possibile.
Avverso tale ultima decisione, la s.r.l. proponeva ricorso per Cassazione, affidato a 3 motivi.
L’ordinanza n. 29927 del 20 novembre 2024
In particolare, con il secondo motivo di ricorso, la s.r.l. unipersonale censurava la decisione del Tribunale il quale aveva omesso di considerare che presupposto della domanda era il sopravvenuto fallimento della società obbligata all’edificazione, con conseguente applicazione dell’art. 59 L.Fall., in base al quale i crediti non scaduti aventi ad oggetto prestazioni diverse dal denaro concorrono secondo il loro valore alla data della dichiarazione di fallimento.
Il Supremo Consesso, dopo avere dichiarato infondato il primo motivo di ricorso ed inammissibile il terzo, accoglienza la seconda doglianza.
Nello specifico, gli Ermellini hanno precisato che la fondatezza del ricorso derivava dall’errato inquadramento giuridico della vicenda negoziale.
Invero, precisa la Corte, trattandosi di permuta di bene presente con bene futuro, l’effetto traslativo ex art. 1472 c.c., si verifica quando la cosa viene a esistenza, momento che si identifica nella conclusione del processo edificatorio nelle sue componenti essenziali, ossia nella realizzazione delle strutture fondamentali.
In simili casi il trasferimento della cosa presente avviene immediatamente, mentre rimane sospeso l’acquisto della proprietà della cosa futura, una volta divenuto impossibile l’acquisto predetto per il fallimento del contraente che avrebbe dovuto eseguire la costruzione, il relativo diritto si trasforma in un credito, corrispondente al valore dell’immobile futuro dedotto in permuta, da insinuarsi al passivo fallimentare.
Di qui l’applicabilità dell’art. 59 L.Fall., poiché la ricorrente vantava il diritto ad una prestazione di “facere” (trasferimento immobile), non coercibile, e dunque un credito “non pecuniario”, ammesso al concorso in base al suo valore alla data del fallimento.
Sulla scorta di dette motivazioni, la Corte accoglieva il ricorso della s.r.l. unipersonale e rinviava al Tribunale di Cagliari in diversa composizione al fine di provvedere anche sulle spese.
La massima
“Nel caso di un contratto di permuta di bene presente con bene futuro, il trasferimento della cosa presente avviene immediatamente, mentre rimane sospeso l’acquisto della proprietà della cosa futura, una volta divenuto impossibile l’acquisto predetto per il fallimento del contraente che avrebbe dovuto esigere la costruzione, il relativo diritto si trasforma in credito, corrispondente al valore dell’immobile futuro dedotto in permuta, da insinuarsi al passivo fallimentare”.
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