Con l’ordinanza n. 31052 del 04 dicembre 2024, la Suprema Corte di Cassazione, III Sezione Civile, si è pronunciata in materia responsabilità della Banca in conseguenza di operazioni anomale sul conto corrente.
Il caso
Una determinata associazione politica conveniva in giudizio un istituto bancario innanzi al Tribunale di Roma chiedendo che venisse accertata la responsabilità della medesima per violazione degli obblighi contrattuali nonché, in via subordinata, per fatto degli ausiliari.
In particolare, l’associazione adduceva che:
- aveva acceso presso l’Istituto un conto corrente in cui confluivano le risorse economiche del partito ed in cui erano autorizzati ad operare disgiuntamente il Presidente ed il tesoriere;
- che tra il 2007 ed il 2011 il tesoriere si era indebitamente appropriato delle risorse del conto, disponendone mediante bonifici ai propri familiari o a terzi, ivi comprese società interamente controllate da lui e la moglie, nonché mediante emissione di assegni o prelievi in contanti, corrispondenti a meri trasferimenti di fondi ovvero a pagamenti effettuati nel suo personale ed esclusivo interesse;
- che di tale indebita appropriazione, per cui si era anche proceduto in sede penale, l’associazione si era accorta soltanto a seguito di comunicazione della Banca d’Italia del 20 febbraio 2012;
- che, invece, l’Istituto non aveva segnalato alcunché, pur in presenza di numerose operazioni anomale, per frequenza ed elevato importo, e si era limitata a inviare soltanto le comunicazioni ordinarie (contabili bancarie, estratti conto mensili) peraltro solo all’indirizzo del tesoriere infedele;
- che pertanto sussisteva responsabilità della banca, per i titoli dedotti in giudizio, mentre il danno risarcibile doveva essere considerato di ammontare pari agli importi illecitamente sottratti.
Il Tribunale di Roma rigettava la domanda e la Corte d’Appello confermava la sentenza impugnata.
Pertanto, l’associazione proponeva ricorso per Cassazione affidato a ben 4 motivi.
L’ordinanza n. 31052 del 04 dicembre 2024
In particolare, con il secondo motivo di ricorso, ritenuto fondato dalla Corte insieme con il quarto, mente venivano dichiarati assorbiti gli altri, parte ricorrente censurava la decisione della Corte di Appello che aveva trascurato di valutare la sussistenza dei presupposti della responsabilità della Banca per fatto degli ausiliari, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1218, c.c..
La Corte, sul punto, ha precisato che sebbene per un verso non possa essere affermato un indiscriminato e generale obbligo in capo alla banca di controllo delle movimentazioni del conto corrente, per altro verso, la banca è tenuta ad attivarsi, in relazione all’obbligo di buona fede oggettiva nell’ambito del rapporto contrattuale e nell’esecuzione in buona fede del contratto, onde evitare, senza eccessivo sacrificio per il suo interesse, un eccessivo pregiudizio per il proprio cliente correntista, e dunque a dare perlomeno segnalazione al cliente delle operazioni che, nel caso di specie, vedevano come beneficiari lo stesso tesoriere, i suoi familiari o comunque terzi estranei al partito.
Nello specifico la Corte ha specificato che la clausola di buona fede nell’esecuzione del contratto opera come criterio di reciprocità, imponendo a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra e costituisce un dovere giuridico autonomo a carico delle parti contrattuali, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da norme di legge; ne consegue che la sua violazione costituisce di per sé inadempimento e può comportare l’obbligo di risarcire il danno che ne sia derivato.
In particolare, in tema di conto corrente bancario, ancorché all’istituto di credito non faccia capo un dovere generale di monitorare la regolarità delle operazioni ordinate dal cliente, nondimeno in applicazione dei doveri di esecuzione del mandato secondo buona fede ad esso è ascritto un obbligo di protezione che, ogni qualvolta l’operazione appaia “ictu oculi” anomala e non rispondente agli interessi del correntista, impone di rifiutarne l’esecuzione o, quantomeno, di informare il cliente.
Nel caso di specie, invece, l’istituto si era limitato a fornire comunicazioni ordinarie, peraltro solo ed esclusivamente al tesoriere infedele.
Da ultimo, la Corte riferiva che il mancato controllo interno da parte dell’associazione non esclude la responsabilità della Banca in quanto tale condotta può rilevare al più sotto il profilo del concorso di colpa del creditore.
Sulla scorta di dette motivazioni gli Ermellini accoglievano il secondo ed il quarto motivo di ricorso (concernente il vizio di motivazione apparente) e dichiarava gli altri motivi assorbiti.
La massima
“in tema di conto corrente bancario, ancorché all’istituto di credito non faccia capo un dovere generale di monitorare la regolarità delle operazioni ordinate dal cliente, nondimeno in applicazione dei doveri di esecuzione del mandato secondo buona fede ad esso è ascritto un obbligo di protezione che, ogni qualvolta l’operazione appaia “ictu oculi” anomala e non rispondente agli interessi del correntista, impone di rifiutarne l’esecuzione o, quantomeno, di informare il cliente”.
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