
Con l’ordinanza n. 1324 del 20 gennaio 2025, la Suprema Corte di Cassazione, I Sezione Civile, si è pronunciata in materia di accordi transattivi a latere di una separazione o divorzio che dispongano da un punto di vista patrimoniale nonché in ordine al mantenimento, riconoscendone la natura negoziale con l’unico limite dell’effettiva corrispondenza delle pattuizioni all’interesse morale e materiale della prole
Il caso
La Corte d’Appello di Milano, in riforma della statuizione di primo grado, rigettava il ricorso incidentale promosso dalla donna avverso il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo che la condannava al pagamento, in favore dell’ex convivente, di una determinata somma, in forza di una specifica clausola contenuta nella scrittura privata sottoscritta tra i due al fine di definire aspetti relativi alla responsabilità genitoriale nei confronti del figlio minore nonché aspetti patrimoniali.
In particolare, il Tribunale, pronunciando sull’opposizione della donna avverso il decreto ingiuntivo, riconosceva alla pattuizione una natura negoziale ed accoglieva l’opposizione proposta dalla donna sulla scorta della mancata prova di lui circa l’adempimento in ordine al proprio obbligo di mantenimento del figlio.
La Corte d’Appello accoglieva invece le ragioni di lui fondando la decisione su di una diversa qualificazione giuridica del rapporto ritenuto, diversamente da quanto affermato in primo grado, non un contratto di transazione, ma un accordo volto a regolamentare l’affidamento e il mantenimento del figlio, disciplinati dall’art. 337 ter co. 4 c.c., oltre ai rapporti patrimoniali tra gli ex conviventi, la cui validità è stata da tempo riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità quale espressione dell’autonomia privata, accordo non di natura prettamente contrattuale, avendo ad oggetto l’adempimento di obbligo ex lege, cosicché l’autonomia contrattuale delle parti assolve allo scopo solo di regolare le concrete modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta ed incontra un limite, sotto il profilo della perdurante e definitiva vincolatività ed efficacia tra le parti del negozio concluso, nella corrispondenza delle pattuizione in esso contenute alle effettive esigenze di figlio.
Poiché, in tale tipologia di accordo, gli obblighi previsti a carico delle parti non sono tra loro sinallagmatici, essendo il mantenimento della prole un obbligo che ex lege ricade su ciascun genitore, non possono esperirsi i rimedi dell’eccezione d’inadempimento e della risoluzione del contratto per inadempimento che la legge prevede in ambito contrattuale a tutela del contraente non inadempiente, difettando in toto il necessario requisito della “corrispettività delle prestazioni”.
Stante l’assenza di un rapporto di sinallagmaticità tra le obbligazioni di mantenimento del figlio minore assunte da lui e l’obbligo di lei di corrispondere al padre di suo figlio il ricavato della vendita dell’immobile, quest’ultima non poteva giustificare il proprio mancato adempimento alle obbligazioni dall’accordo eccependo l’inadempimento della controparte.
L’ordinanza n. 1324 del 20 gennaio 2025
Avverso la pronuncia della Corte territoriale, la donna presentava ricorso per Cassazione affidato a ben 6 motivi.
La Corte, rigettati i primi due motivi di ricorso, accoglieva i motivi nn. 3 a 6 aventi ad oggetto la pretesa natura contrattuale dell’accordo, nonché l’interpretazione del medesimo.
In punto di diritto, gli Ermellini, richiamando precedenti pronunce hanno affermato che le clausole dell’accordo di separazione consensuale o di divorzio a domanda congiunta, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni o la titolarità di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento, sono valide in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato, assume forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo il decreto di omologazione della separazione o la sentenza di divorzio, valido titolo per la trascrizione.
Altresì, i Giudici del Palazzaccio hanno precisato che l’accordo transattivo relativo alle attribuzioni patrimoniali, concluso tra le parti ai margini di un giudizio di separazione o di divorzio, ha natura negoziale e produce effetti senza necessità di essere sottoposto neppure al giudice per l’omologazione e la soluzione dei contrasti interpretativi, tra una pattuizione “a latere” ed il contenuto di una separazione omologata o sentenza di divorzio, spetta al Giudice di merito ordinario, il quale dovrà fare ricorso ai criteri dettati dagli artt. 1362 s.s. c.c. in tema di interpretazione dei contratti.
Pertanto, versandosi in ipotesi di accordo tra ex conviventi di fatto, al momento della cessazione della convivenza, al fine di disciplinare profili relativi al mantenimento della prole nonché profili patrimoniali insorti nella coppia, si deve ritenere – secondala Suprema Corte – che in tema di mantenimento dei figli nati da genitori non coniugati, alla luce del disposto di cu all’art. 337 ter comma 4 c.c., anche un accordo negoziale intervenuto tra i genitori non coniugati e non conviventi, al fine di disciplinare le modalità di contribuzione degli stessi ai bisogni e necessità dei figli, è riconosciuto valido come espressione dell’autonomia privata e pienamente lecito nella materia.
Tuttavia – prosegue la Corte – avendo tale accordo ad oggetto l’adempimento di un obbligo “ex lege”, l’autonomia contrattuale delle parti assolve allo scopo solo di regolare le concrete modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta ed incontra un limite, sotto il profilo della perdurante e definitiva vincolatività fra le parti del negozio concluso, nell’effettiva corrispondenza delle pattuizioni in esso contenute all’interesse morale e materiale della prole.
Sulla scorta di dette motivazioni, il Supremo Consesso, risolte questioni di interpretazione contrattuale in favore della donna, accoglieva i motivi di ricorso nn. 3 a 6, rigettando i primi 2 motivi di ricorso.
La massima
“La risoluzione dei contrasti interpretativi, tra una pattuizione «a latere» ed il contenuto di una separazione omologata o sentenza di divorzio, spetta al giudice di merito ordinario, il quale dovrà fare ricorso ai criteri dettati dagli artt. 1362 s.s. c.c. in tema di interpretazione dei contratti; ciò in relazione alla natura di contratti estranei all’oggetto del giudizio di divorzio, il che ne evidenzia la natura di contratti, impugnabili secondo le regole ordinarie”.
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