
Con l’ordinanza n. 3659 del 13 febbraio 2025, la Suprema Corte di Cassazione, I Sezione Civile, si è pronunciata in materia di concordato preventivo, precisando che è esclusa la fattibilità del piano proposto da una società in caso di scissione, laddove la stessa privi l’istante delle necessarie garanzie di soddisfacimento.
Il caso
Una s.r.l. operante in campo alberghiero presentava una domanda di ammissione al concordato preventivo al Tribunale di Catania premettendo che, a seguito di una operazione di scissione, aveva conferito ad un’altra società di nuova costituzione, una sostanziale frazione delle sue passività e l’intero suo patrimonio immobiliare, tra cui l’immobile sede dell’attività alberghiera.
In particolare, la società prospettava un piano attuabile in 5 anni, suddiviso in 2 fasi. La prima, della durata di 3 anni, destinata alla gestione dell’attività alberghiera in forza di un contratto di affitto; la seconda, della durata di 2 anni, destinata alla vendita del complesso aziendale.
All’esito della richiesta di chiarimenti formulata dal Tribunale di Catania, la società istante integrava la proposta, nondimeno la stessa veniva dichiarata inammissibile in quanto carente in termini di fattibilità giuridica.
Per conseguenza, il Tribunale di Catania dichiarava aperta la liquidazione giudiziale.
Detto provvedimento veniva reclamato dalla società istante.
All’esito del reclamo, la Corte d’Appello di Catania accoglieva il reclamo e, per conseguenza, omologava la proposta di concordato.
In particolare, la Corte evidenziava che la proposta, benché non contemplante alcun impegno diretto della società di nuova costituzione, ne prospettava comunque l’intervento a fini satisfattori.
Avverso tale sentenza proponevano ricorso per Cassazione i curatori della liquidazione giudiziale, sulla scorta di ben 9 motivi di ricorso.
L’ordinanza n. 3659 del 13 febbraio 2025
In primo luogo, i ricorrenti deducevano che all’omologazione può farsi luogo solo all’esito dell’approvazione del concordato da parte dei creditori mentre, nella specie, il Tribunale di Catania aveva dichiarato inammissibile la proposta, sicché non si era svolta votazione alcuna.
Altresì, i medesimi ricorrenti censuravano l’operato della Corte di merito che aveva ingiustificatamente degradato a mere valutazioni di convenienza I rilievi del Tribunale in ordine alla fattibilità giuridica della proposta concordataria.
Ancora, i medesimi ricorrenti lamentavano l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, concernente l’assenza di garanzie patrimoniali in capo alla società in forza dell’operazione di scissione che, comunque, non garantiva l’intervento della società di nuova costituzione a fini satisfattori.
La Corte, esaminato il ricorso dichiarava i motivi nn. 1, 2 e 4 – sopraesposti – fondati e dichiarava gli altri assorbiti.
In particolare, gli Ermellini hanno confermato la tesi dei ricorrenti secondo cui può farsi luogo ad omologazione solo all’esito dell’approvazione del concordato e che nella specie il Tribunale aveva dichiarato inammissibile la proposta, sicché nessuna votazione era avvenuta.
In ordine al secondo e quarto motivo di ricorso, analizzati congiuntamente, I Giudici del Palazzaccio hanno censurato l’operato della Corte la quale, ritenendo fattibile il piano poiché la proposta, benché non contemplante alcun impegno diretto della società di nuova costituzione, ne prospettava comunque l’intervento a fini satisfattori, è incorsa in un giudizio di mero fatto integrando il vizio di motivazione apparente.
Per vero, la riscontrata anomalia motivazionale, che non teneva conto del fatto che la società si fosse spogliata del patrimonio immobiliare senza che la società di nuova costituzione assumesse formalmente e direttamente l’impegno di intervento a fini satisfattori, conduceva il Supremo Consesso ad accogliere le motivazioni esposta da parte ricorrente e, per conseguenza, a cassare la sentenza dichiarando gli altri motivi di ricorso assorbiti
“In materia di concordato preventivo, la carente disamina logico-giuridica al cospetto di un patrimonio netto negativo della società scissa nonché del mancato riscontro della capacità patrimoniale della stessa, costituisce vizio rilevabile nel giudizio di merito e conduce a ritenere la dichiarazione di fattibilità del piano una mera petizione di principio”.
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