
Con l’ordinanza n. 9414 del 10 aprile 2025, la Suprema Corte di Cassazione, II Sezione civile, si è pronunciata in materia di mediazione immobiliare, precisando che alla semplice visita di immobile non consegue il diritto del mediatore a ricevere la provvigione.
Il caso
Con apposita citazione in giudizio, un’agenzia immobiliare – che aveva ricevuto incarico non esclusivo da una società per la vendita di un’unità immobiliare e messo la medesima in contatto con un’altra società interessata all’acquisto – conveniva in giudizio le due società che avevano concluso il contratto preliminare di vendita al fine di richiedere ed ottenere il pagamento della provvigione.
L’agenzia aveva ricevuto mandato nel 2005, mentre il preliminare di vendita veniva concluso solo nel 2009.
La società venditrice, costituitasi in giudizio, riferiva di non avere avuto più contatti con l’agenzia immobiliare dopo il conferimento dell’incarico nel 2005 e la visita di immobile nel 2006 ad opera dalla società che concludeva il preliminare nel 2009.
Altresì, si costituiva in giudizio la società acquirente al fine di escludere la riferibilità all’agenzia immobiliare della conclusione del contratto preliminare.
Il Tribunale di prime cure rigettava la domanda attorea con apposita sentenza, la quale veniva riformata dalla Corte d’Appello di Ancona che condannava le società al pagamento della provvigione.
La società acquirente ricorreva per Cassazione, affidandosi a tre motivi.
L’ordinanza n. 9414 del 10 aprile 2025
Con i tre motivi di ricorso, analizzati congiuntamente dalla Suprema Corte, la ricorrente escludeva la sussistenza del nesso causale tra mediazione e vendita che non poteva farsi derivare dalla mera visita di immobile, inidonea a supportare il legame con il contratto concluso tre anni dopo; per conseguenza, contestava il diritto alla provvigione nonché l’omesso esame di quanto dedotto in giudizio, ritenuto idonea ad interrompere il nesso causale.
Gli Ermellini, esaminati i motivi di ricorso, dichiaravano il medesimo fondato e meritevole di accoglimento.
Per vero, la Corte, richiamati precedenti giurisprudenziali sul tema, ha precisato che l’affare non può dirsi concluso per effetto dell’intervento del mediatore solo perché questo ha messo in relazione le parti, non essendo possibile attribuire il diritto alla provvigione sulla base di un nesso puramente condizionalistico o della condicio sine qua non, in quanto è necessario che la ricostruzione in positivo dell’efficienza causale adeguata dell’opera del mediatore sia valutata in maniera tale da rinvenire nella conclusione dell’affare un effetto adeguato della condotta del mediatore.
La Corte ha ritenuto, da ultimo, che i giudici di merito avessero considerato maturato il diritto alla provvigione per il solo fatto della visita e, dunque, sulla scorta di un nesso puramente condizionalistico, cui peraltro conseguiva l’esito negativo della trattativa condotta all’epoca.
Pertanto, gli Ermellini accoglievano il ricorso e cassavano la sentenza impugnata.
La massima
“La visita dell’immobile non è sufficiente a far sorgere il diritto alla provvigione in capo al mediatore. È necessario dimostrare il nesso causale tra l’accesso alla casa e la compravendita”.
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