
Con l’ordinanza n. 9352 del 9 aprile 2025, la Suprema Corte di Cassazione, III Sezione civile, si è pronunciata in materia di leasing, precisando che il TAEG non va indicato in tutti i contratti dei leasing, ma solo nelle ipotesi di credito al consumo.
Il caso
Il titolare di una partita IVA conveniva in giudizio le società coinvolte in un contratto di leasing avente ad oggetto una vettura di lusso che presentava problematiche gravi, domandando, nella pretesa qualità di consumatore, la nullità del contratto di leasing concluso fuori dalla sede della concedente e senza la previsione del diritto di recesso, in dispregio della normativa prevista dal Codice del Consumo; in subordine, la risoluzione del contratto di leasing.
Il Tribunale di Brescia negava la qualità di consumatore del soggetto e rigettava altresì la domanda di risoluzione del contratto.
La Corte d’Appello di Brescia confermava la sentenza di primo grado.
A seguito del giudizio in Cassazione, la Suprema Corte riteneva violata la normativa a tutela del consumatore e cassava la sentenza con rinvio.
All’esito del giudizio di rinvio, la Corte d’Appello di Brescia, per quanto qui di interesse, riscontrava la violazione delle norme del Codice del Consumo, escludeva che la mancata indicazione del TAEG/ISC importasse l’applicazione degli artt. 123 e 125, TUB, e negava che la mancata informazione sul contenuto economico del contratto comporti la nullità dell’intero contratto.
Avvero tale decisione, il titolare di partita IVA proponeva ricorso per Cassazione, affidato a ben 6 motivi.
L’ordinanza n. 9352 del 9 aprile 2025
In particolare, con il terzo motivo di ricorso, parte ricorrente lamentava la nullità del contratto di leasing per mancata indicazione all’interno del medesimo del TAEG/ISC.
La Suprema Corte ha ritenuto il motivo in parte inammissibile, in parte infondato.
In particolare, gli Ermellini hanno precisato che il fatto che talune tipologie di leasing rientrino nel novero delle operazioni di credito al consumo non significa che in ogni contratto di leasing debba essere espresso l’ISC.
Per vero, in coerenza con l’orientamento costante della Corte medesima, la mancata indicazione in contratto del TAEG/ISC importa la nullità solo nelle ipotesi di credito al consumo.
Sulla scorta di tali motivazioni, la Suprema Corte rigettava il motivo di ricorso, richiamando le massime di seguito indicate.
Le massime
“Il fatto che talune tipologie di leasing rientrino nel novero delle operazioni di credito al consumo non significa che in ogni contratto di leasing debba essere espresso l’ISC“.
“Al di fuori dei casi di contratti stipulati con un consumatore, ai sensi dell’art. 125 bis T.U.B., la omessa previsione del TAEG non determina la nullità del contratto, in quanto l’indice sintetico di costo (ISC), altrimenti detto tasso annuo effettivo globale (TAEG), è solo un indicatore sintetico del costo complessivo dell’operazione di finanziamento, che comprende anche gli oneri amministrativi di gestione e, come tale, non rientra nel novero dei tassi, prezzi ed altre condizioni, la cui mancata indicazione nella forma scritta è sanzionata con la nullità, seguita dalla sostituzione automatica D. Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 117, tenuto conto che essa, di per sé, non determina una maggiore onerosità del finanziamento, ma solo l’erronea rappresentazione del suo costo globale, pur sempre ricavabile dalla sommatoria degli oneri e delle singole voci di costo elencati in contratto“.
“il TAEG/ISC rappresenta un valore medio espresso in termini percentuali che svolge una funzione informativa, finalizzata a mettere il cliente nella posizione di conoscere il costo totale effettivo del finanziamento prima di accedervi, di rendere il cliente edotto dell’effettiva onerosità dell’operazione. Proprio perché svolge una mera funzione di pubblicità e trasparenza, l’ISC non costituisce un tasso di interesse, un prezzo o una condizione economica direttamente applicabile al contratto; non rientra nelle nozioni di “tassi, prezzi e condizioni” cui esclusivamente fa riferimento l’art. 117, comma 6 TUB”.
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